LA PITTURA DELLE PAROLE CHE NON PASSERANNO
Tanti anni fa la sua pittura era pervasa da forte sentimento della natura delle cose, che interpretava con puntiglioso realismo, come se volesse scrutare sempre più addentro i segreti di uno spazio, invaso da presenze identificative di altrettanti grumi di pensiero.
I toni erano bruni, misteriosi, le atmosfere consone alle rifuse in cui, tra penombra d’interni, squillavano brevi note di colore, quasi come altrettanti inviti a scoprire mobili, suppellettili, vasi identificabili nei materiali più vari, libri, segreti del cuore e della mente.
C’era un sapiente uso dei grigi e, comunque, si trattava di piccole storie che siglavano il loro spazio d’azione o la regressione nel disuso, la forzata compresenza con altri frantumi di narrati. Non si trattava della vita trapassata che riposava nei solai cari a Guido Gozzano.
Nell’analisi di De Gregorio si celava il bisogno di chiarire il senso della vita che è l’infinito nelle ali di una farfalla, l’ordine nel cielo stellato, la bellezza nelle stagioni vitali,soprattutto l’amore. Senza quello è anche arduo cogliere il senso dell’eterno andare per passi nomadi che si consumano nel nulla secondo le ragioni della ragione. Vennero poi colori più aperti, visioni libere da congestioni, temi d’impegno, interpretati come forti e persuasive istanze a ri-trovarsi nella vita in una meravigliosa avventura che si affronta tra prove spesso dolorose, ma con la certezza di non essere soli e con la promessa di una gioia infinita e certa come la Verità. […]
L’artista […]muove i suoi passi sulla via della Vita-Verità; si converte, si volge con, insieme con, ed è la stessa Parola, biblica ed evangelica, a chiarirgli che il suo talento d’arte altro non è che un dono che impegna ad un servizio, ad una missione. De Gregorio si è consacrato a trasferire nell’arte, con altezza del suo devoto sentire, le “parole che non passeranno”, la buona novella. Ha scelto di promuovere sapienza provvidenziale che non è privilegio di nessuna mente umana e non consente discriminazioni: bene la intende chi, con cuore fanciullo s’abbevera nelle promesse di Gesù nel sermone della Montagna. Il fruitore, meglio dire l’uomo di fede e di speranza, di fronte all’opera “La porta” intenderà il senso del divino bussare, di Gesù che per l’umana salvezza, non attende d’essere chiamato: giunge, e se gli viene aperto, condivide con l’ospite la Sua cena, nella gioia grande o minuscola, e nel dolore sopportabile e quello inclemente. Propone fede e garantisce consolazione questo artista che evangelizza e in “Ezechiele 36” chiarisce per immagini che senza Dio non c’è nè salvezza e nè forza per osservare la Sua legge: solo quando la potenza del Suo Spirito entra nell’uomo ravveduto, dona uno spirito nuovo, un cuore nuovo, di carne che permette di camminare secondo le Sue leggi e di Glorificarlo. Siamo di fronte ad un artista che ringrazia il Signore, perché ha dissolto le nubi dei suoi interrogativi ed ha abbattuto le porte eburnee contro la quali si sforza in vano l’umana ragione. […]
Si tratta di una scelta d’arte e di vita di notevole portata, soprattutto se si pensa che il messaggio giunge nel deserto della spiritualità, nel trionfo dello strapotere economico, nel gioco consumistico estremizzato contro i deboli e a dispetto della fame, della sete, della povertà esacerbata dall’ignoranza, dal fanatismo dalla superstizione.
Si tratta di proposte che hanno valenza contenutistiche ed estetiche coniugate armonicamente per restituire dignità all’uomo, per prospettare una speranza, una pace veramente nuova, per chiarire il diritto alla vita in un senso più alto di quello prettamente sociale. Certamente sono messaggi che fanno bene, che esigono attenzione e rispetto alla Legge, nella consapevolezza che “molti sono i chiamati e pochi gli eletti“. Ecco il senso dell’arte di De Gregorio, si fa testimone di speranza, amore, nella completa adesione alla Parola, che egli umilmente s’impegna a trasferire nel suo immaginario pittorico.
Angelo Calabrese insegna Greco e filosofia a Napoli. E si occupa, con passione, di critica d'Arte. |